Carissimi tutti,
Sto per iniziare lo sciopero della fame, mi appresto a farlo per un atto di solidarietà nei confronti degli allevatori e di Gianni Fabbris, già in lotta da qualche giorno con questa modalità così estrema. Lo faccio perché ho condiviso e sto condividendo le preoccupazioni e le grida di allarme di tanti allevatori e artigiani trasformatori della filiera bufalina, molti di questi giovani imprenditori, che in questi anni di applicazione del piano di eradicazione della brucella, predisposto dalla Regione Campania, hanno sperimentato la disperazione di un percorso senza “soluzione”.
Il Piano lusingava, ovviamente, il superamento del problema della brucellosi bufalina, ma purtroppo così non è stato e quella promessa si è trasformata in un tradimento, prima, in una beffa, poi:
140 mila bufale abbattute; circa 350 attività imprenditoriali scomparse; aumento dei focolai infettivi; all’analisi post mortem dei capi abbattuti, solo 1,4% (dati ufficiali ASL) sono risultati positivi ai patogeni.
Non credo alla tesi della strategia maligna, e neppure penso ad una univoca responsabilità, penso però che un fallimento così clamoroso debba interrogare tutti, e nessuno può sentirsi forte e garantito nel proprio convincimento.
Ho la sensazione che se non si cambia davvero strategia, assumendo l’abbattimento come ultima ratio regum, si arrischia un intero sistema economico-sociale. Continuando sulle stesse logiche così come sembra confermare il “nuovo” piano, si osa colpevolmente l’identità di una intera comunità intorno cui sono nate generazioni di piccoli e medi imprenditori, si sono strutturate relazioni e culture del lavoro, sedimentate conoscenze.
Continuare a misconoscere quello che è in campo e la dignità di una battaglia condotta a viso aperto non è proprio giudizioso e, anzi, può diventare dirompente anche a breve, soprattutto se si congiungono tutte le ombre che abbiamo all’orizzonte e si uniscono tutte le disperazioni che la politica nemmeno vede più. Sommessamente vorrei solo ricordare a chi non può sottrarsi dalla responsabilità della funzione che esercita, che centinaia di imprese della balneazione, migliaia di quelle dell’edilizia e della sua filiera, unitamente ai loro dipendenti e alle loro famiglie, per decisioni risultate sbagliate e scelte che continuano a non arrivare, stanno per essere buttate sul lastrico.
E allora SI! Partecipo allo sciopero della fame degli allevatori e di Gianni, semplicemente perché il senso di responsabilità e di appartenenza mi impedisce di voltarmi dall’altra parte ed è questo l’invito che vorrei non passasse inascoltato.
Il segretario generale
Francesco Geremia